NESSUNO n. 8 - Cinzia Spinelli

Il Nessuno n. 8 è una fotografa che fa della misura una virtù: Cinzia Spinelli da Cesena.
 
1-La curiosità è subito attratta dalla tua attività sui social. Sei molto presente e tendi a sperimentare tutte le possibilità di condivisione. Mi ricordo la tua attività su VSCO, ad esempio, un social decisamente di nicchia. Qual è il tuo social preferito ora e perché?
La mia è sempre stata una curiosità innata per tutti i tipi di social o quasi. Tendo a cercarne uno, iscrivermi e adattarlo a me il più possibile. Direi che il mio preferito rimane Instagram per la fotografia e Facebook per quanto riguarda eventi e curiosità. In generale evito le polemiche, cerco il meno possibile di esprimerle sui miei social mentre prediligo la parte divertente. Per quanto riguarda TikTok non lo trovo fruibile per la fotografia, lo uso unicamente per esporre e “ridicolizzare” me e il mio gatto in modo assolutamente simpatico, è più un passatempo, quando non ho voglia di far nulla di intelligente.
 
2- Instagram è una vetrina sulla tua vita. C'è il tuo corpo, la tua femminilità, i tuoi affetti, le tue passioni. Non hai paura di esporti troppo? Raccontarsi attraverso la fotografia è come tenere un diario o per te è un modo per non "perderti"?
Nessuna delle due. Non ho mai pensato fosse una vetrina, anche perché non sono il tipo che sa stare al centro delle cose o delle attenzioni, è vero ci sono i miei affetti, la mia vita privata, ma molto spesso è solo uno specchio di quello che vuoi fare vedere… credete ancora che ciò che si mostra sia la realtà?
Instagram rimane una raccolta che non è nemmeno un diario attuale, non rappresenta la quotidianità, a volte sfoglio foto vecchie che ho in archivio e scopro foto che mi appartengono “ora”, mi piace dare una visione di quello che faccio e quello che sono, nemmeno in tempo reale, un segnale positivo di ciò che mi circonda.
Non ho paura di perdere un vissuto, non lo reputo un diario perché le cose che voglio e che voglio mantenere rimangono nel mio corredo personale di stampe. Stampo tutt’ora, stampo anche le foto che posto, meno che in passato, ma stampo ancora. Quando hai le figlie più grandi stampi meno foto e capita di rubare qualche foto di straforo. Ho fatto un album di foto rubate a mia figlia che ho intitolato “Gaia dorme”, sono 400 - 500 scatti dove lei dorme sul divano, a letto, in auto. Le foto mie rimangono mie, il ricordo del sonno, è un progetto personale. Non l’ho messo alla mercè del pubblico perché non voglio essere giudicata. Un giorno (forse) verranno buone per qualcosa.

3- Sono molto colpito dalle tue immagini a colori. Colori tenui, delicati, avvolti da una luce spesso gentile, accogliente. Quali sono le fonti del tuo modo di vedere?
Assolutamente, non sono mai stata attratta dai colori accesi e vivaci, anzi piuttosto tendo ad alleggerire sempre anche se è vero che spesso non rispecchiano la “realtà”, ma come hai detto tu mi servono toni più leggeri e gentili. Anche il bianco e nero aggressivo non mi piace più.
Mi sono formata grazie alle mostre, tante e varie, e ai corsi, anche se recentemente le mostre che ho visitato non mi hanno colpito più di tanto, non mi è rimasto nulla in mente.
All’inizio del mio percorso mi focalizzavo molto sugli autori che cercavo di imparare come bagaglio personale, ma alla fine è risultata troppa roba, troppe nozioni, oggi mi serve eliminare. Ho studiato Guido Guidi e se ti devo indicare dei libri che ancora oggi guardo con un occhio sempre diverso posso indicarti "Trasparencies di Stephen Shore", "The Democratic Forest di William Egglestone" e un libro sull’architettura di Le Corbusier. Anche "Sea stories di Robert Adams" ha la sua importanza per quanto amo il mare. Quando li risfoglio è come se li rivedessi per la prima volta.
Qualche anno fa ho fatto un anno di accademia a Ravenna sotto la docenza di Michele Buda, avevo voglia di ripartire dall’inizio, mi ha introdotto alla fotografia in maniera più strutturata, è stato interessante capire i fotografi proposti utilizzando un metodo di approfondimento non tanto tecnico quanto autoriale.

4-Agli albori di Instagram era un fiorire di premi. Anche tu ne hai vinti diversi fra i vari gruppi di Igers. Ti hanno portato seguito? Rimpiangi quel primo Instagram dove la fotografia era il centro e il motore del social?
No, per fortuna è cambiata molto la fotografia su questi social ma non la ritengo vera fotografia. Con gli anni e qualche studio reputo che sui social la fotografia non sia più  quella genuina che intendo io. Comunque non mi hannno portato un seguito e se fosse stato così mi sentirei come aver rubato qualcosa che non mi apparteneva. Non lo rimpiango. Ben vengano le evoluzioni.

5- Spesso le tue foto parlano di un paesaggio. Ma ultimamente non è quasi mai una visione d'insieme ma rappresenta più un afflato di bellezza, un momento di equilibrio, un silenzio preso nello scorrere rumoroso del mondo. Ci parli di questo tua prospettiva? Attendi uno stato d'animo particolare o le foto ti vengono incontro da sole?

E’ vero ultimamente sto cambiando concetti e soggetti, non so, ma credo e spero di evolvere in qualche modo e scoprire cose nuove, credo che ampliare prospettive e soggetti aiuti a migliorare e capire quale direzione prendere, ci sono stati momenti di stop per me, quasi un rifiuto per la fotografia ma credo faccia parte del pacchetto, spesso mi sento inadeguata perché tutti mostrano cose migliori delle mie e non riesco più a rimettermi in gioco, quindi dico: “Ok fate voi.”, credo di aver sviluppato un certo “lasciar andare” per non mettermi in competizione con gli altri.
Parli di paesaggi ma in realtà ho fotografato parecchio anche le persone. Ho fatto un progetto su mia sorella che ha una patologia. Ho cercato di fotografarla nelle sue difficoltà con un occhio oggettivo, sono foto che hanno anche un forte valore sentimentale, oppure fotografo le mie figlie al mare, sono foto generiche non tradizionali, ho fotografato gli anziani ma sono foto che non condivido spesso per il timore della reazione del pubblico perché spesso le persone non capiscono.
Negli ultimi tempi sono cambiata, non vado in cerca delle foto, sono loro che mi trovano, una volta premeditavo l’uscita, il luogo, i soggetti, ora spesso non ho nemmeno la macchina fotografica con me. Scatto col telefono e mi soffermo su qualcosa che attira l’attenzione. È un meccanismo istintivo che mi dice: “fermati e fotografa”. Dovrò riprendere la fotocamera in mano, assolutamente, ma ho trascurato la fotografia studiata, il telefono mi restituisce comodità ed occasioni, non so cosa mi blocca su un soggetto, non è la razionalità, un tempo mi isolavo sui soggetti, ora sono decisamente un’ istintiva. 

6- La tua Romagna è una Romagna distante dal mondo, spesso dimenticata e che chiede di essere rivista e rivisitata attraverso una fotografia che la nobilita. Cosa ti spinge a fotografare questi luoghi?
Il senso di integrità per i luoghi dove sono nata e cresciuta, luoghi spesso dimenticati perché si cerca sempre altro, il benessere ad esempio o le cose nuove, il mio intento è far ricordare che questi luoghi ci sono ancora, sono nascosti e far aprire la mente a coloro che ancora li apprezzano.

7- Cibo e musica sono altri argomenti che tratti in maniera ricorrente nelle tue foto.

Il cibo e la musica sono dei capisaldi nella mia vita, ho scoperto di possedere delle buone qualità culinarie e questo si riflette nella capacità di saper fotografare il cibo con buoni risultati. Questo mi ha portato collaborazioni con alcuni locali che hanno apprezzato questo stile “invitante”. Credo che per fotografare il cibo serva buon gusto e io credo di averne, serve un approccio misurato, senza eccessi, eseguo personalmente la mise en place, sono ferrata in questo campo. Mi concentro sui particolari, cerco una fotografia ricercata, “di fino”, il particolare come un punto di vista dell'espressione del cibo o dei drink. L’accompagnamento, la luce, il set sono finalizzati a rendere l’immagine più morbida e quindi piacevole, set e luce che controllo e gestisco a mio piacimento per esaltare l’eleganza e il gusto dell’esperienza di mettersi a tavola.

Quando fotografo quello che cucino a casa, è tutto molto meno controllato, utilizzo la luce naturale che entra dalla finestra del salotto, la tavola  di produzione artigianale è quella dove pranzo e si presta molto a fare da sfondo, aggiungo oggetti, uno strofinaccio, pochi elementi per ottenere buoni risultati.

 

La musica va oltre la passione, non ritengo di essere una fotografa della scena musicale ma semplicemente di mostrare e condividere dei momenti.

Ho una settantina di scatti che riguardano una liuteria, foto del negozio, una selezione è finita in una rivista di arredamento dato che l’arredamento in quella liuteria era perfetto e si "incastrava" benissimo con gli strumenti.

Quando vado ai concerti utilizzo la fotografia in ambito musicale più come strumento per condividere una conoscenza di un certo artista che per documentare l’artista stesso. Non fotografo backstage ma la finalità è di far conoscere gli artisti cosiddetti alternativi che non passano quotidianamente in radio, almeno nella cerchia delle mie amicizie. Bisogna sottrarre le persone all’ovvietà.

Vado ai concerti per ascoltare, non per fotografare. Gli scatti servono per solo per far conoscere ad altri un certo tipo di musica.

 

 Grazie di cuore Cinzia, di essere Nessuno. 

Post più popolari