NESSUNO n. 1 - Stefano Mariani

© Stefano Mariani. Dalla serie Pompei. 
Il “Nessuno n. 1” non poteva che essere un antidivo per eccellenza: Stefano Mariani da Senigallia
Buongiorno Stefano e grazie per esserti prestato a questa chiacchierata. 

1- La prima cosa che mi viene in mente di chiederti, dopo aver visto le foto  riguarda l’archivio. 
Si è propensi a pensare l’archivio come qualcosa di statico, chiuso e finito, è il passato, lo scaffale polveroso che contiene i nostri scatti. Il tuo archivio invece è un corpo vivo, in continuo divenire e ciò ti permette di ripensare continuamente alle tue foto. E’ una cosa che hai imparato nel tempo o hai sempre gestito lo scattato con questa fluidità? Perchè senti la necessità di mettere continuamente mano ai tuoi portfolio modificandone o ricalibrandone il senso? 
Ti dirò che non sono un tipo ordinato e che con le mie foto analogiche sono stato un vero disastro, da quando le foto sono su un PC automaticamente mi sono lasciato trasportare dal mezzo che mette a disposizione delle funzioni impensabili prima. Adesso le foto appaiono tutte insieme ed è facile, guardandole, fare collegamenti e trovare un riutilizzo che parte dalla assonanza visiva che naturalmente poi abbino ad una vicinanza di senso. Credo che esista una somiglianza tra il modo in cui Facebook ripropone i tuoi scatti con il metodo di guardare e i vecchi provini a contatto, naturalmente la tecnologia ci permette una migliore visione e selezionamento. Il bisogno di rielaborare il mio archivio nasce proprio dal modo in cui utilizzo Facebook, mettendo tutti i giorni tre o quattro scatti è come se facessi un BLOG ed il blog è come un giornale quotidiano che trova sempre spunto dall'attualità, metto spesso la lettura ironica delle locandine che automaticamente parlano di attualità, poi mi piace che le foto siano sempre collegate al tempo metereologico e per far questo mi aiuta moltissimo la funzione di Facebook che ricorda le foto postate in quel giorno negli anni scorsi, io parto proprio da una di queste e costruisco il giornalino del giorno, a meno che non ci sia qualcosa di eccezionale sull'attualità. Penso che tutti i fotografi, con gli anni, abbiano con le proprie immagini delle sensazioni diverse da quando le hanno scattate, o meglio, che queste si ripresentino in modo diverso, per questo è importante guardare e riguardare gli scatti scoprendo molto spesso cose nuove che portano anche ad un nuovo riutilizzo adatte ad un contesto mutato.
 
2- Sfogliando gli album su Facebook, è evidente un forte impegno politico che sgorga a più riprese. In "Nel mare ci sono i coccodrilli" utilizzi una metafora potentissima: i materassini dei bagnanti raccontano una “deriva” che mostra la violenza della politica nostrana. Come è nata questa serie? Quali erano i sentimenti che ti animavano? 
Il senso di impegno sociale e politico che traspare da alcuni miei lavori è verissimo, sono stato in politica attivamente quando c'era il PCI e da giovane sessantottino non mi sono mai tirato indietro nelle battaglie anche sul lavoro. La serie fatta sulla spiaggia "VORREI SAPERE COSA SI SONO MESSI IN TESTA QUESTI EXTRACOMUNITARI" parte proprio dal vedere il razzismo dilagante nella nostra società, così come "NEL MARE CI SONO I COCCODRILLI" l'ho concepito dopo essere stato alla presentazione dell'omonimo libro scritto da un ragazzo pachistano, anche "NEMICI PER PASSIONE" affronta il tema sociale dell'odio ai tempi del web e sopratutto l'invidia che c'è fra fotoamatori, sempre tesi alla ricerca del consenso, la serie "POMPEI" e "FOTO ALL'URLO" vogliono invece essere un ritratto collettivo dove traspare isolamento e paura, anche  "FOTOGRAFIE A KM ZERO" riguarda lo stesso la chiusura verso gli altri che ci vede arroccati nelle nostra case diffidenti verso tutti. Quasi tutti i miei album sono attraversati da questo impegno. Nelle foto di "HACTUNG UOMO GIALLO" metto in relazione il  colore giallo usato nella segnaletica indicante pericolo, alla sopravvenuta moda di indossare capi del  medesimo colore, quasi a voler far sapere alla natura la pericolosità del genere umano, come fanno alcuni animali velenosi. Potrei continuare con "ROTTAMANAZIONE" iniziata quando Renzi tirò fuori la parola "rottamare", già sapevo come sarebbe andata a finire con quello lì....
Questo modo di affrontare le problematiche sociali, da sempre, mi ha comportato l'incomprensione da parte dei fotoamatori che per parlare di razzismo vanno a fotografare i negri che sono sfruttati, per parlare di problemi ambientali vanno a fotografare un ambiente degradato, per parlare di alienazione e solitudine fotografano gli ambienti che riportano facilmente a quel clichè. A me piace farlo con delle foto solo apparentemente "assurde" utilizzando quello che vediamo quando andiamo in strada ma sempre vicino a casa, con la leggerezza che viene dall'aver capito che tutto quello che vediamo in ogni momento della giornata è importante e lo vediamo perché da qualche parte è scritto che lo dobbiamo vedere. Mi piacciono tutte quelle immagini dove la realtà quotidiana, solo per il fatto di essere stata fotografata, diventa una "SURREALE". Tutti gli album che ho menzionato sopra obbediscono a questo concetto, da sempre lo faccio e per questo non ho mai avuto positivi riscontri con il mondo dei Fotoclub e della FIAF in particolare, soprattutto nella mia città.     

3- Sei un fotoamatore di lungo corso. Riesci ad individuare le tappe fondamentali del tuo fotografare e gli eventi che hanno modificato il tuo linguaggio? Quando sei diventato “unico”?Anche io, come tutti, divento quello che sono grazie agli altri. Questo è sempre importante non dimenticarlo, per questo non mi interessa niente di passare ai posteri o lasciare una traccia. Il modo che utilizzo per esprimermi è  adeguato a questo pensiero, utilizzare Facebook per far conoscere i propri lavori è come disegnare sulla sabbia oppure come un writer che non lascia una traccia duratura perché la sua opera si consuma omettendo il suo vero nome che viene nascosto accuratamente. 
Riguardo le persone importanti che ho incontrato: innanzi tutto Mario Giacomelli, dal quale ho appreso come usare il corpo per fotografare o meglio, come avere la testa sempre leggera in modo da seguire totalmente il corpo nella sua fusione con la macchina fotografica. Poi vengono gli autori con cui sono venuto a contatto grazie alla amicizia con i fotoamatori di Savignano sul Rubicone. I due più importanti sono Guido Guidi e Franco Vaccari. 
Da una quindicina di anni sono poi riuscito a vincere la difficoltà che avevo all’inizio di fotografare le persone e questo lo debbo innanzitutto ad amici come Marco Vincenzi e Jean Franco Bernucci dai quali, durante le uscite fatte insieme, ho potuto apprendere i segreti del mestiere, infine in ordine di tempo e sempre in relazione alla fotografia delle persone, una figura importante è stata Nausicaa Giulia Bianchi.

4- La fotografia è un monologo o è un dialogo? 
Debbo precisare che per me la fotografia è un DIALOGO, una relazione tra me e il mondo, ma che diventa un MONOLOGO dal punto di vista espressivo. Non accetterei mai che qualcuno possa scegliere al posto mio quali foto esporre, (come vorrebbero fare qui nelle Marche). Il modo in cui si espongono le immagini è molto importante, faccio sempre di testa mia ma ammetto che sono rimasto indietro su molte tecnologie di stampa e se qualcuno attualmente mi aiutasse lo gradirei molto. Quando inizio a pensare ad una mostra significa anche che conosco perfettamente il luogo, malgrado questo, sono molto condizionato nella scelta dalla gratificazione personale che ho avuto al momento in cui ho scattato, questo può diventare un handicap perché nella visione generale si possono generale stonature. Sapendo di questa mia debolezza, inizio molto in anticipo ad istallare, le foto le faccio "girare" molto. Di solito non viene mai come l' ho pensata. Ci sono poi degli amici di cui mi fido che non sono propriamente dei fotografi e sono Angelo Secondini e Francesca Perlini, al giudizio dei quali mi affido sempre prima di inaugurare una esposizione di fotografie.

5- Gli adulti chiedono impegno, abnegazione, sacrificio alle nuove generazioni. Anche tu chiedi loro qualcosa: chiedi scusa per il mondo che gli lasciamo, per non essere stati all’altezza delle loro aspettative. Il dialogo intergenerazionale sembra toccarti nel vivo. Quale approccio mantieni coi giovani e perché questo guadare al futuro, quando la fotografia è il “passato”? 
La tua domanda parla di fotografia come "passato". E' vero, materialmente lo è, ma una fotografia si distingue per essere contemporanea oppure non contemporanea, se riesce ad essere contemporanea potrà parlare anche in futuro. Devi sapere che ho tre figli maschi, e sono preoccupato per il loro futuro e come genitore ho come tanti dei sensi di colpa per non aver loro dato di più. Nell' album "QUELLI DELLA MIA GENERAZIONE" rappresento in modo chiaro anche se ironico la caricatura di individui dediti solo agli hobby, alla vita comoda e ai vizi, sempre alla ricerca di strade comode da seguire per non incappare in problemi esistenziali che vengono continuamente rinviati e alla fine, ineluttabilmente, ricadranno sulle nuove generazioni. Tutto questo vuole essere la rappresentazione a grandi numeri di quello che alla fine è stato il ritratto collettivo della mia generazione pur essendoci molte differenziazioni nei comportamenti individuali. Il senso di colpa generazionale è forte anche perché ritengo che noi abbiamo vissuto in uno dei momenti storici più esaltanti.

6- Doppi sensi, giochi di parole, continue assonanze, soggetti non soggetti. Quanto ti aiuta essere leggero per saper essere pesante?
Credo di aver già risposto con l' affermazione che considero le mie foto migliori "FOTO ASSURDE". Pensa che questa non è stata una mia affermazione ma di un noto fotoreporter di Senigallia che credendo di offendermi disse proprio questo. Io lo ringraziai di cuore ma penso che ancora non abbia capito il motivo. Questo fotoreporter partecipò con me e con altri due ad una mostra collettiva ad Ostra, sui gravi problemi che affliggono da sempre il terzo mondo. In questa mostra presentai il mio lavoro "VORREI PROPRIO SAPERE COSA SI SONO MESSI IN TESTA QUESTI EXTRACOMUNITARI" lavoro fatto sulla spiaggia a Senigallia. Alla fine gli organizzatori decisero di fare una serata in teatro aperta al pubblico. Non ci crederai ma quella sera sul palco c' erano gli altri tre autori ed io stavo in platea tra il pubblico. Furono mandati gli audio-video dei loro lavori e io assistevo seduto di fianco a mia moglie, la quale ci rimase più male di me. Tutto avrei pensato che non venissi neppure mai citato durante la serata. I tre fotoreporter in questione avevano naturalmente presentato dei lavori fatti nei paesi del terzo mondo, il mio che parlava di casa nostra, non venne considerato degno di apparire insieme ai loro, nella mentalità dei circoli fotografici sono sempre stato considerato un' anomalia.

Una splendida anomalia mi verrebbe da commentare. Ciao Stefano, ti ringrazio dal profondo del mio cuore, di essere Nessuno. 

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