L'omertà dello sguardo

Lorenzo Tugnoli - Yemen. Foto su internet
L'omertà dello sguardo è quella caratteristica tutta italiana di far sconfinare il buonismo in incapacità di sostenere lo sguardo con la realtà, sostenere lo sguardo verso gli aspetti più scomodi dei conflitti o sulle storie che bravi fotoreporter ci mostrano ogni giorno. 
Caso, quanto meno da citare, è Lorenzo Tugnoli, nomination al WPP col suo toccante reportage sulla guerra in Yemen, fresco vincitore del Pulizer. 
Tugnoli fotografa la guerra, fotografa la sofferenza e la violenza di una vita che costringe un popolo alla totale indigenza, l'assenza dell'assistenza medica di base, le condizioni nelle quali uomini, donne e bambini vengono curati ovvero nella scarsità cronica di medicinali, in ambienti fatiscenti. Tugnoli riporta la condizione cruda degli effetti della guerra che si ripropone in tutta la sua sfrontatezza ai nostri occhi. Ed è proprio questa sfrontatezza che non riusciamo a dominare, questa nuda e cruda realtà che viene mostrata senza enfasi ma nella sua toccante privazione. La denuncia arriva in tutta la sua chiarezza, senza mezzi termini, Tugnoli è onesto nel modo di porsi e di porci la situazione yemenita, senza fronzoli estetici, ricorrendo al colore come timbro veritiero del quotidiano, riducendo la forma interpretativa ad un lirismo ponderato che fa da volano, a mio avviso, ad un aspetto formale rigoroso, ordinato e non banale, anzi, la documentazione di Tugnoli risulta scorrevole nella sua drammaticità mettendo punti fermi nel racconto, quasi come contrappunti nei quali il silenzio si carica di una fortissima tensione emotiva che fa breccia nello sguardo che è impossibilitato ad assuefarsi. Il risultato, a mio avviso, è una documentazione che arriva diretta, asciutta e forte. 
Eppure, leggendo qua e là, questo lavoro di Tugnoli non piace. "Troppo crudo" dicono alcuni, "E' una vergogna" dicono altri, "Non si mostrano così i bambini" quasi a lanciare accuse di sciacallaggio o di reperimento facile del consenso sfruttando, per proprio tornaconto,  le tragedia dei più poveri o degli indifesi. A volte non capisco da dove nasca tutto questo pudore nel guardare o da dove nasca il binario che poi diverrà morto della comprensione, fatico anche a racappezzarmi sul dove possano essere situati quei doppi sensi visivi che possono portare ad una errata lettura di un lavoro che a me par chiaro negli intenti e nell'aspetto formale. La verità è che Tugnoli fa un gran lavoro, che non solo mostra la tragedia di un popolo che si trova ad essere carne sbranata da denti mossi da interessi opposti e faide geopolitiche ma mostra anche la nostra tragedia nel aver disimparato a voler vedere, soprattutto in questo paese dove troppe cose ci vengono celate, insabbiate nella più bieca opportunità di menzogna, io voglio vedere, in questa Italia che ha smesso di confrontarsi, in questa Italia che non denuncia o lo fa sempre meno, l'autocensura del verbo si inculca come un sistema di valori nella società, si infiltra nei meccanismi di pensiero  e si estende alle altre sfere, agli altri sensi, diviene sistema e cancro culturale:"non sentire, fattigli affari tuoi", "non guardare", anzi il peggior "non farmi guardare".

Tugnoli non risulta spietato, risulta onesto nel suo raccontare, siamo noi che abbiamo perso la speranza di conoscere. 

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