Buon Natale

Mi piace. Aprire il cassetto della credenza e ritrovarvi un po’ di polvere. Mi piace l’odore di acrilica giovinezza che fluendo via in viscosi vortici appanna la vista in ricordi d’infanzia. La scatola dei tre angioletti con il gancio sulla schiena e la bava trasparente per reggerli nell’infinito di un cielo stampato blunotte e ricamato da fantastiche stelle d’oro. Non importa la verità. Solo la verosimiglianza. Mia madre piega la carta crespa per farvi i monti e la grotta. Il muschio odora ancora di terra. Quel modo incontaminato di togliere il respiro. Il bambin Gesù aspetta a braccia aperte l’avvento di una giustizia che appare lontana anche dopo questi 2007 fottuti anni di storia. 2007 anni vissuti D.C.

Washington DC.

Bambino. Entra col suo pacco sottobraccio in una gioielleria. Tanto oro attorno ma mai luccicante quanto ciò che ha sottobraccio. Non un dono. Di più. Il suo desiderio. Desiderio cangiante. Mutante quanto un umore. Desiderio profondamente radicato quanto volubilmente labile. Bambini. Fatti di importanti frivolezze. Ripensandoci a distanza di anni bramo quella voglia di avere. Bramo il bramare. L’assalto al raggiungimento di quella droga naturale che si frappone fra la felicità e la purezza. Fanciullezza. Timido riscontro di un eco che nel tempo si fa flebile. Come un carattere che non esplode, ma si sgretola con contegno. Ricordo quelli migliori. L’intermittenza di luci borderline. Pazzie rindondanti ad abbellire balconi e rami spogli come corpi dismessi e caldi. C’è la voglia di ricominciare una festa finita ad ogni Natale. C’è una sorta di malinconia. Che rende vero anche l’improbabile, mentre il falso assume il valore di un Euro Cent. Quello che getto nel cappello di una questua. Potrebbe essere tutto un po’ migliore, se questa bella Terra fosse una pallina bluviva. Appesa all’abete dell universo.

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